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martedì 15 dicembre 2015

Cella di Gilda Policastro (Marsilio). Intervento di Nunzio Festa



Tante volte sentiamo, oppur noi stessi pensiamo, o proviamo a imporci di non farci di dipendenza d'amore, d'affetti, ma la scrittrice Gilda Policastro, che tra le altre cose è fra le più critiche e acute firme della critica letteraria italiana, con "Cella" descrive un'avventura esattamente la prova dell'esistenza di presente contrario. Una giovane donna diventa l'amante di un uomo potente: medico stimato, ricco, impegnato infine giustamente in politica. Siamo sul calare degli anni Ottanta, quando la loro relazione, "incentrata su una sessualità ossessiva, talvolta brutale, non manca di dare scandalo in una piccola città in cui i ruoli sono già fissati da sempre, senza nessuna possibilità di riscatto". Ma il pervertito, perché di questo capiamo trattarsi, a un certo punto, per aver curato una brigatista in latitanza, lui stesso è costretto a nascondersi. E a quel punto la donna "si rintana in una casa di campagna, da cui esce molto di rado e quasi solo entro il perimetro del suo giardino, sentendo gli altri come presenze minacciose e la figlia stessa come un'estranea". La sua voce è dunque la voce del carcere volontario. Tanto che appunto la figlia con il figlio del pervertito, alla protagonista del romanzo daranno in soprannome di Cella. Lei si confessa. Dalle pagine il memoir abbiamo. Come se fossero righe destinate a uno psicologo, però. Niente d'infantile. Al contrario, troviamo il risultato d'una maturazione completa e totale. Poetessa e scrittrice, al suo terzo romanzo, Policastro prova a metterci in difficoltà. Anche con righe pure cariche di banali atrocità di sottomissione fisica e psicologica. Davvero un romanzo "ibrido", questo. Fatto da descrizioni d'amore assoluto e devozione della donna all'uomo suo, al suo padrone. Fino a orge e prostituzioni. Dove il dominatore comanda perfino quando è assente. Cella si mette insomma in un ulteriore isolamento geografico, come in un eremo. In spazi agresti fratelli del mare di solitudine mentale già provati dalla donna. In cerca forse di salvezza. Se davvero ne vuole.

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