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giovedì 24 novembre 2011

Intervista a cura di Piergiorgio Leaci all’autrice in occasione della seconda edizione de La Casa in pietra grigia di Jelena Banfichi Di Santo edita da i libri di Emil (Marchio Odoya di Bologna)





















           
La genesi di un racconto, di un romanzo è l’idea. Tutto ruota intorno ad essa, i personaggi, l’ambiente, la struttura, l’intreccio narrativo, lo stile, gli eventi, i dialoghi, tutti elementi che vengono scelti con cura, con esercizio, anche perché l’idea dello scrittore che compone di getto guidato dall’impulso dell’ispirazione è solo una proiezione romantica. Raccontaci come è nato il tuo libro?
Quanto alla mia narrazione in lingua italiana il primo volume della Trilogia dalmatica, La casa in pietra grigia, è nato dalla mia intima necessità di rimuovere certi fardelli di nostalgiche memorie attraverso  la catarsi della scrittura, appropriarmi della quotidianità, liberandomi del passato.
Semplici scritti senza alcuna intenzione di renderli pubblici, anche perché la mia condizione di traduttrice di madrelingua e  studi slavi, mi tratteneva dal ritenermi capace di scrivere in italiano.
Negli anni ‘90 i miei amici F. Tomizza e L. Romano, ospiti nella mia casa estiva nelle Isole Spalmadori, per caso, lessero i miei appunti e mi convinsero di ordinarli.  È così il romanzo approdò in libreria.  Mi chiedi come scrive uno scrittore?! Non saprei, ma credo che il modo di scrivere è proprio di ogni singolo individuo; è la sua natura. Un argomento sul quale si potrebbe disquisire a lungo. Io posso solo dire come scrivo io, se mi si crede una ‘scrittrice’.  Scrivo quando ho necessità di farlo; a periodi, di getto, spesso senza conoscere in anticipo il prosieguo. Nata l’idea, cresce l’azione, si crea la struttura e il giusto uso del lessico che poi, è lo stile.  Tutto ciò ha origine dalla ispirazione e dalla storia letteraria. Non credo che si possa imparare a scrivere se manca l’intuito e la sincerità. La forzatura non paga. Il lettore avverte la scrittura che tende alla cattura di consensi.
Certe recensioni hanno collocato il tuo romanzo nel genere storico, altre in quello biografico. Lo ritieni esatto?
No! Un’affermazione del genere appartiene a una lettura semplicistica, per nulla speculare. Non ho scritto un romanzo storico, nemmeno biografico, tant’è vero che lo ho sottolineato nella prefazione del volume. Infatti, nessuno dei due generi entra nelle mie ‘corde narrative’. Il primo relegato com’è in compartimenti stagni di eventi nei periodi stabiliti, il secondo nel solito linguaggio elogiativo inadatto alla mia necessità della misura nei sottintesi.  Pertanto anche la mia scelta della narrazione in ‘prima persona’ e il modo immediato di rendere le descrizioni palpabili, autentiche sensazioni di attente osservazioni.
Quanto realismo e quanta invenzione c’è nella tua scrittura?
Nella mia scrittura non esiste l’invenzione in senso del ‘nulla esistito’.  I luoghi sono reali, almeno come ho voluto che rimanessero nella mia memoria, gli eventi accaduti, i personaggi, invece, per la maggiore, sono appositamente creati sull’intense osservazioni di peculiarità diffuse come distinzione del descritto substrato, oppure in antitesi come condensazione di occultate virtù. Nel tuo romanzo la scrittura è la memoria che fa rivivere luoghi, storie, culture e personaggi nel tempo. “La Casa in pietra in grigia” diventa simbolo di unità familiare davanti ai vari scismi ciclici provocati dall’uomo. Sotto quest’ottica il tuo lavoro acquisisce una valenza civica, storica e umana per le future generazioni, non solo slave. Sei d’accordo con questo mio pensiero? Attraverso la scrittura della memoria io non ho potuto evocare quello che mi era stato sottratto. La immaginazione mi ha aiutato a crearlo. La ‘pietra grigia’ dell’antica casa con la sua durevolezza è la contrapposizione alla transitorietà del comportamento umano.  Non so quale valenza può avere il mio romanzo. È un racconto sui piccoli destini umani che hanno sconvolti molti. La Casa in pietra grigia è simbolo d’amore come Terra d’Amore e Rigetto…
Perché la forma romanzata?
Perché il romanzo è metafora. In esso la storia può essere retorica, i tempi simulati, i luoghi immaginifici, i personaggi simbolici. La libertà di narrazione diventa assoluta, guidata dalla capacità intuitiva nel ritmo d’azione. Tre motivi per spingere il lettore ad acquistare il tuo romanzo.
Per curiosità intellettuale del nuovo, diverso com’è questo libro, poi per sapere cosa succede oltre la porta di casa nostra e perché – è un libro sincero, dicono – scritto bene.


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