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venerdì 30 luglio 2010

Aspesia Blues di Andrea Fantini (Enzo Delfino editore)















Anni 90. Ovvero gli anni della Generazione X , di Sentieri e Visitors, di Twin Peaks e Beverly Hills dei primi Co.Co.Co., che la guerra l'ha fatta (Kosovo, Afghanistan, Iraq, ecc.), che ha urlato nelle piazze NO NATO, che ha capito da subito come funziona un videoregistratore e che ha pensato che Internet potesse rendere il mondo un posto più democratico. Una generazione che si è emozionata con Superman ed ET, che ha bevuto il Billy e mangiato le Big Bubble, che ha avuto sotto mano i Puffi, Voltron, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore. La generazione che non ha avuto la Playstation, il Nintendo 64, ma che se la spassava tirandosi gavettoni. Il lato B di questa generazione ce lo racconta Andrea Fantini, con Aspesia Blues per Enzo Delfino Editore, dove in un asfittico e periferico universo della provincia laziale, che ha per nome Aspesia, si cerca di far luce su un black out spazio/tempo di una notte. Mentre in sottofondo un rumore bianco fatto di voci catodiche, la musica dei Cure, vuoto, stress, paranoia, ansia, Pietro non riesce a mettere insieme i tasselli di un puzzles che più trascorrono le ore, meno è in grado di ricostruire. Il lettore viene così catapultato in un’atmosfera nuda e cruda, dove ogni pagina è un cazzotto nello stomaco, e dove le voci dei cinque protagonisti diventano voragini di senso che si nutrono di antieroismo, mancanza di identità, e no future. Il libro si lascia apprezzare per la scrittura ad alto potenziale di aggressività dell’autore, che sapientemente giostra tra un riduzionismo stilistico sub/semanticamente “slangale” e toni smaccatamente diretti come solo la strada e chi la abita è in grado di rendere. Libro interessante, se si vuole capire come funzionano certi meccanismi di violenza e deriva in una delle tante province d’Italia. (Stefano Donno)

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